Gli influencer sono, di fatto, degli opinion leader che, sulla base della loro notorietà in campi diversi, riescono a “influenzare” le scelte di acquisto del consumatore finale. Molto spesso sono sia l’approccio alla comunicazione delle aziende sia le critiche della rete a elevarli al grado di “guru”. Ma è un meccanismo “perverso” che crea confusione, come si evince anche dai recenti fatti di cronaca: il nocciolo della questione non può essere “solo” la capacità di persuasione con conseguente aumento di click e di vendite. Il guru è qualcuno che non è un mero veicolo di marketing ma è in grado di avere un impatto (benefico) sulla società e porta sulle spalle la fatica (e la capacità) per la costruzione delle competenze. Come si può uscire da questo stallo di mala interpretazione commerciale, sociale ed etica?